È cominciato tutto con uno starnuto. Poi un altro. Poi quel silenzio sospetto, la bimba è mogia, non è vispa come il solito..e lì è partito il panico.
Era la prima febbre seria della nostra bambina. Ho chiamato mia madre, la pediatra e la mia amica che ha due figli. Tutti mi hanno detto la stessa cosa: “Tranquilla, è normale”.
Ma normale non è. Perché quando tuo figlio ha la febbre, il cuore ti batte più forte. Ogni linea che sale sul termometro ti stringe il petto.
Abbiamo passato tre giorni barricati in casa, tra tachipirina, pigiami sporchi, poca fame e coccole infinite. Di notte la tenevo addosso come un koala, con la fronte appoggiata alla mia, monitorando ogni respiro.
Una notte ha avuto un picco a 39,5. Lì ho perso 10 anni di vita. Ho urlato a mio marito di cercare un medico, ho frugato nel cassetto dei medicinali come un ladro disperato, ho controllato Google (errore!), e infine… lei si è addormentata. E al mattino stava meglio.
Io no. Avevo le occhiaie di Batman dopo una maratona.
Oggi, ogni volta che le viene il raffreddore, so che ce la possiamo fare. Ho capito che il corpo dei bambini è forte, che loro sanno guarire e che noi, anche se tremiamo, diventiamo leoni quando serve.
Morale? Non c’è mamma senza ansia. Ma anche l’ansia ha il suo perché. Ti tiene vigile, attenta, presente.
Ogni febbre è un esame… e noi siamo tutte promosse con lode, sudore e occhiaie.